Prescrizione monetizzazione ferie non godute: 2 errori da non fare mai
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Certe credenze sono davvero difficili da correggere, soprattutto quando si fondano su un errata conoscenza di istituti giuridici od, ancor peggio, sulla fuorviante informazione fornita da chi avrebbe invece il compito di chiarire, in termini semplici e facilmente accessibili, gli aspetti essenziali dei diritti del lavoratore.
Il team dei consulenti legali di Consulcesi & Partners continua a ricevere richieste di chiarimenti da medici dirigenti del SSN che, malgrado tutte le iniziative promosse, sono ancora persuasi che il proprio diritto a ricevere il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie sia irrimediabilmente prescritto.
Sostengono, infatti, che decorsi 5 anni dalla cessazione dal servizio, non vi sarebbe più alcuna possibilità di attivarsi nei confronti della loro ex azienda datrice di lavoro, sostanzialmente confondendo quanto avviene, peraltro con una diversa individuazione del dies a quo, per le differenze retributive eventualmente maturate.
La prescrizione è decennale
Volendo chiarire, una volta per tutte questo aspetto, si deve dunque ripetere che, nel rapporto di lavoro pubblico privatizzato, il diritto del dipendente al pagamento dell’indennità sostitutiva in luogo dei giorni di ferie annuali retribuiti non goduti in corso di servizio è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale.
A fondamento di questa interpretazione si pone la verifica della natura di questa indennità che, da più parti, è stata considerata “mista”, ovverossia ricomprendente sia l’aspetto retributivo che quello risarcitorio.
Dovendo risolvere la questione del termine prescrizionale, diversamente disciplinato nell’un caso rispetto all’altro, la giurisprudenza di legittimità ha infatti stabilito che, considerando preminente il carattere risarcitorio, siccome diretto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo a cui deve garantirsi la più ampia tutela, si deve applicare il termine ordinario decennale, mentre la natura retributiva, quale corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere retribuito ma non lavorato, assume rilievo soltanto quanto debba valutarsi l'incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell'assoggettamento a contribuzione (fra le tante, Cass. n. 3021/2020).
Pertanto, dovendosi garantire la massima tutela possibile rispetto alla perdita di questo diritto, peraltro costituzionalmente garantito, si è quindi risolta la questione, optando per il decennio enunciato dall’art. 2946 del codice civile, residuando quello quinquennale, previsto dall’art. 2948 c.c., soltanto nelle ipotesi (dianzi descritte) in cui l’indennità assume valenza retributiva.
La prescrizione decorre dalla fine del rapporto
Risolta così la questione del termine di prescrizione, per cui risulta definitivamente preferita la soluzione decennale, si pone poi l’ulteriore aspetto relativo all’individuazione del momento da cui inizia a decorrere il termine.
Talvolta si deve ancora registrare, al pari del problema trattato al paragrafo precedente, il convincimento di alcuni dirigenti medici, ormai cessati dal servizio, di considerare definitivamente prescritto il loro diritto alla monetizzazione delle ferie non godute, siccome relativo ad annualità di servizio molto risalenti.
Anche in questo caso, si tratta di un’opinione, verosimilmente tratta da una errata informazione raccolta nei corridoi dei reparti, che merita di essere corretta alla luce dei principi regolatori della materia.
Il principio generale, da ritenersi anch'esso ormai definitivamente acclarato, prevede che il termine di prescrizione decennale, per poter attivare il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, decorre dal momento in cui viene definitivamente a cessare il rapporto di lavoro.
Questa soluzione discende dal fatto, ripetutamente espresso anche dalla Corte di Giustizia europea in diverse pronunce, che fintanto che il rapporto non è terminato rimane pur sempre possibile la fruizione dei giorni di riposo pregressi, mentre allorquando tale eventualità non risulti più attuabile, per essere il servizio cessato, non vi sia altra possibilità che liquidare un importo di natura economica, che vada comunque a compensare la perdita subita dal lavoratore.
La Corte di Cassazione ha enunciato chiaramente che “La prescrizione del diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l’invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l’avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato” (Cass. Civ. n. 17643/23].
Consiglio pratico
Qualsiasi sia la situazione in cui il dipendente pubblico si sia venuto a trovare durante la vigenza del rapporto di lavoro, occorre sempre ricordare che i requisiti essenziali, che potrebbero far propendere per una concreta possibilità di reclamare il pagamento dell’indennità finanziaria sostituiva delle ferie arretrate e non godute, consistono unicamente nella prova che il rapporto di lavoro sia effettivamente cessato (per dimissioni, pensionamento, licenziamento, inabilità ecc…) e che residuano giorni di congedo ordinario, che non sono stati goduti durante il tempo del servizio.
Pertanto, prima di ritenere definitivamente preclusa ogni chance di reclamare i propri diritti, magari rinunciando ad ottenere importi considerevoli nell’erroneo convincimento che, trattandosi di situazioni alquanto risalenti nel tempo, il pretesa sarebbe irrimediabilmente prescritta, è altamente consigliabile sottoporre la questione alla valutazione degli esperti legali di Consulcesi & Partners che, in modo rapido e competente, potranno fornire una consulenza legale qualificata e risolutiva di ogni possibile dubbio.